(Di)Vino e (Di)Me, riflessioni regalate a un pc

Enologia, nuovi sbocchi professionali

Il Paese sta vivendo un periodo molto difficile nell’ambito del lavoro. Sempre più giovani non riescono a trovare un primo impiego e, spesso, uomini e donne sono messi in mobilità perché le proprie professionalità non sono più richieste, con gravi disagi per le loro famiglie.

Un settore che sembra non conoscere crisi, almeno al di fuori della realtà italiana, è quello dell’enogastronomia. C’è una forte richiesta di elevata professionalità e secondo recenti indagini di mercato il personale più qualificato è proprio quello italiano. Ad avvalorare quanto letto, la recente elezione del miglior sommelier del mondo: un italiano. A Londra, Luca Martini è salito sul gradino più alto del podio sbaragliando la concorrenza e dimostrando, qualora ve ne fosse ancora bisogno, che l’Italia è un Paese competitivo, nonostante il periodo non felice.

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Roberto Bellini Vice Presidente AIS – Photo AIS

Per capire meglio il modello formativo italiano in questo settore ho incontrato, durante una serata di degustazione di vini bianchi, Roberto Bellini vice presidente dell’AIS (Associazione Italiana Sommelier), una figura di riferimento non solo a livello nazionale, ma la cui fama di professionista enogastronomico a indirizzo enologico è riconosciuta a livello mondiale ove le sue conferenze sono molto seguite.

Dal 1983, Bellini è sommelier AIS, giornalista pubblicista dal 2002, ambasciatore dello champagne in Italia è anche consulente per molti prestigiosi ristoranti della Toscana, sua terra di origine. Nel 2009, scrive per Bibiena “ Champagne e champagnes. Cultura e fascino del più grande vino del mondo” un autentico testo di riferimento per gli addetti ai lavori.

La professione del sommelier potrà aiutare i giovani a trovare un lavoro?
Certamente, ma al momento non in Italia. La ristorazione italiana non ha ancora compreso l’importanza di annoverare tra i propri membri dello staff un sommelier. Si pensa che un buon cuoco sia sufficiente, ma non è così. La ristorazione di qualità invece ha inserito nei suoi organici la figura del sommelier. Non si può apprezzare del buon cibo senza abbinare un idoneo vino. La figura del sommelier è nata per portare ai massimi livelli questo concetto.

Possiamo fare un esempio di queste professionalità che migrano all’estero?
Si pensi ad una capitale come Londra. Ebbene in questa città vi sono 270 sommelier italiani che offrono la propria professionalità in luoghi di vera eccellenza. Sse pensiamo poi a quante capitali vi sono nel mondo e ai loro ristoranti di eccellenza che non hanno ancora “coperto” questo ruolo è facile immaginare gli sbocchi professionali che il mondo offre.

Qual è il segreto del successo italiano, non ultimo l’elezione di un Aretino quale miglior sommelier al mondo?
La richiesta è di sommelier certificati AIS. Il segreto è la continua ricerca da parte dell’associazione di formare donne e uomini che sappiamo abbinare a un particolare piatto il vino migliore, non il vino più costoso, ma quello migliore. L’AIS ha capito da subito questo aspetto fondamentale. Non è sufficiente conoscere tutto di un determinato vino se non si è in grado di abbinarlo ad una pietanza. Questo è il vero segreto della scuola AIS, un valore che viene insegnato da subito all’interno dei proprio corsi.

Cosa chiedono i paesi emergenti all’Associazione Italiana Sommelier?
Ci chiedono personale e formatori per preparare il loro personale. Per quanto bravi, gli stranieri, non hanno quella sensibilità tipica degli italiani, a parità di formazione gli italiani hanno una marcia in più. La sensibilità tipica degli abitanti del nostro Paese e un’ottima conoscenza della lingua straniera assicurano lavori ben retribuiti.

Assistiamo però ad una fuga del vino italiano verso l’estero. A Verona al “Vinitaly” ho incontrato numerosi produttori insoddisfatti del mercato interno, pensi che in futuro cambierà questa tendenza?
Il consumo procapite, medio, di vino giornaliero in Italia, ma anche in Francia, è di un bicchiere. Quindi circa 55 l di vino all’anno, mentre cinquanta anni fa, il consumo era esattamente il doppio. I francesi hanno fatto uno studio. Prima il vino era utilizzato anche come una bevanda energetica, era consigliato dai medici poi, nel tempo, il vino è stato sostituto da altre bevande, i medici non hanno più consigliato il suo consumo a causa anche dei problemi legati all’alcoolismo. Adesso ci sono bevande che hanno mutato le abitudini, ma delle quali non si conoscono ancora eventuali effetti indesiderati, mentre sul vino sappiamo praticamente tutto. A una riduzione dovuta a nuove abitudini alimentari si è visto un aumento dei costi in modo esponenziale. Oggi ci sono dei vini in vendita con dei costi veramente esagerati e questo, in momenti di crisi quali quelli che stiamo vivendo, hanno rimodulato le abitudini degli italiani. La richiesta elevata all’estero, in paesi come la Cina o l’Indonesia, permette di vendere a prezzi migliori.

L’attività di AIS per la valorizzazione del prodotto Vino come si articola?
Proponendo un vino, noi proponiamo un territorio. Proponendo un vino noi raccontiamo un territorio, le proprietà organolettiche, ogni vino è diverso perché diverso è il territorio. Attraverso il vino si narra la tradizione di popolo, ne si descrive il suo territorio, diamo modo di apprezzare il nostro paese. Lo scopo è preparare colui che assaggia un vino a vivere in quel sorso una serie di sensazioni, comprendere e riconoscere. La degustazione di un vino è come un racconto di vita vissuta.

Domanda dell’uomo comune: quando possiamo dire che un vino è buono?
Il concetto di buono è soggettivo. Un po’ come il concetto di bello. È possibile però analizzare in modo oggettivo un vino, attraverso una serie di parametri che permettono di apprezzare un prodotto riducendo l’aspetto soggettivo. L’AIS insegna ai propri iscritti e illustra, ogni qualvolta viene invitata ad eventi, come analizzare e comprendere le caratteristiche di un determinato vino. Un vino è buono o meno quando chi lo assaggia è in grado di discernere e riconoscere tutti gli aspetti tecnici.

AIS per il futuro?
L’obiettivo dell’associazione è avvicinare sempre più persone al consumo consapevole del vino. Una curiosità, negli ultimi corsi abbiamo assistito alla partecipazione di un numero sempre maggiore di donne, rispetto agli anni precedenti, segno tangibile di un sempre maggior interesse in questo settore dell’economia italiana.

Un’ultima domanda: ci hai parlato delle donne, ma le donne che vini preferiscono?
Tutti quei vini che non “odorano” di vino, le donne sono briose e frizzanti, quindi vini bianchi, frizzanti, champagne e anche vini rosati. La donna non ama i vini da meditazione, almeno in generale.

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